15 Set Eros e Psiche
Le immagini mitologiche e le favole fin da tempi immemorabili, mettono in comunicazione la parte inconscia del nostro essere con quella conscia. Una sorta di incontro-scontro, un conflitto che sfocia nell’armonia, poiché queste storie così inverosimili per l’uomo moderno, per le quali pontifichiamo cercando di comunicare la nostra interpretazione, non possono essere comprese se non con quell’animo fanciullesco, con quell’Amore che appositamente scrivo con la A maiuscola; quell’Amore che trascende ogni tentativo di controllo. Al suo cospetto l’adulta razionalità è costretta a cedere il passo alla trasformazione che ogni anima subisce al tocco di questo Amore. Eros e Psiche: una favola d’amore puro. Apuleio già nel II sec. d.C. da grande pioniere dell’occulto, attraverso questa storia, incarna l’esigenza di una nuova spiritualità iniziatica che si connette alla ricerca e alla conoscenza dell’anima umana in continua evoluzione. Non a caso il nome della protagonista è Psiche, che in greco significa anima ma connesso al suffisso psykho, respiro, soffio. Ecco, forse questo mito vuole insegnarci oggi più che mai a riconoscere quello che la tradizione induista prima, la cabala ebraica, e il più recente gnosticismo, hanno chiamato il respiro dell’anima. Cercherò di immergermi in questo cammino alla ricerca dei risvolti simbolici legati a questo racconto. Prima di proseguire consiglio chiaramente di leggere la favola per intero, in modo da poterne valutare lo sviluppo successivo. Qui accenno un piccolo riassunto per i pigri tratto da internet.
“La favola inizia nel più classico dei modi: c’erano una volta, in una città, un re e una regina, che avevano tre figlie bellissime. La più giovane, Psiche, possedeva una bellezza indescrivibile e il suo splendore veniva paragonato a quello di Venere, ma non solo, si credeva che essa fosse una nuova Venere nata dalla terra. Un numero incredibile di forestieri e molta gente del suo paese andava a tributare omaggi alla fanciulla. Le adorazioni agli altari di Venere furono completamente abbandonate e questo passaggio di onori rese la dea furiosa. Allora ella chiamò il figlio, gli mostrò la sua rivale e gli ordinò di fare innamorare la fanciulla dell’uomo più vile che esistesse sulla faccia della terra. Nel frattempo Psiche era molto triste perché, possedendo una bellezza così divina, nessun mortale, consapevole di non meritare tanto, aveva il coraggio di chiedere la sua mano. Così il padre chiese all’oracolo del dio Apollo, tale Mileto nozze e marito per sua figlia, ma il responso fu nefasto: la fanciulla avrebbe sposato un mostro che impauriva persino Giove. A quelle parole Apollo ordinò di portare la fanciulla in cima ad una rupe ornata per nozze funebri, dove avrebbe incontrato il marito. Arrivato questo triste giorno, Psiche seguì dettagliatamente gli ordini di Apollo e lasciò i genitori in preda allo sconforto. Subito dopo arrivò Zefiro che con un leggero venticello la sollevò da terra e la condusse alla sua reggia; qui, la fanciulla fu accolta dalle voci delle sue ancelle invisibili che le mostrarono la sua casa e le sue ricchezze. Il marito si recava ad incontrarla solo di notte e senza svelarle chi fosse, imponendole il divieto di guardarlo in volto. Egli, durante queste notti, dopo averla amata come nessun altro uomo può fare, la avvertì dell’arrivo delle sue sorelle e le vietò di accoglierle. Ma Psiche riuscì a convincerlo a cambiare questa decisione e, quando le sorelle si presentarono alla porta della sua reggia, le accolse e le mostrò le sue ricchezze. Le due donne erano molto invidiose di tale fortuna ed escogitarono un piano per vendicarsi. In un secondo incontro le sorelle convinsero Psiche che il suo amante fosse in realtà un serpente mostruoso: allora, ella, non resistette alla curiosità, e armata di pugnale, con una piccola lanterna accesa si avvicinò al suo amante per ucciderlo. Ma il dio Amore, che dormiva, gli si rivelò nel suo fulgore, coi capelli profumati di ambrosia, le ali rugiadose di luce, il candido collo e le guance di porpora. Dalla faretra del dio, Psiche trasse una saetta, dalla quale restò punta, innamorandosi, perdutamente dell’Amore stesso. Dalla lucerna di Psiche una stilla d’olio cadde sul corpo di Amore, e lo svegliò. L’amante, allora, fuggì da Psiche, che aveva violato il patto. Ella, sconsolata, cominciò a vagare per i boschi fino a quando arrivò alla città in cui abitavano le sue sorelle e raccontò che Cupido l’aveva abbandonata a causa loro. Così Psiche si vendicò delle sorelle perché entrambe si gettarono dalla rupe, convinte che sarebbe arrivato Zefiro e le avrebbe condotte nella reggia di Cupido, ma purtroppo per loro non fu così. Nel frattempo Venere e il figlio Cupido ebbero una discussione molto accesa perché l’uomo si era innamorato della più grande rivale della madre, Psiche. Psiche, che era pazzamente innamorato di Cupido, dopo aver chiesto aiuto a numerose divinità e aver ricevuto sempre una risposta negativa, decise di affrontare Venere e si recò al suo palazzo. Qui fu sottoposta a numerose torture e in seguito a quattro prove progressivamente più difficili. La prima prova consistette nel separare, in una sola giornata, tutti i semi di un grande mucchio in tanti mucchietti separati. Le formiche le vennero in soccorso. Nella seconda prova Psiche dovette portare a Venere un filo di lana d’oro preso dal vello di un gregge di pecore. Una canna le diede giusti consigli per portare a termine il compito. Successivamente Psiche dovette recarsi alla sorgente del fiume che alimenta la palude dello Stige e portare un’anfora di acqua alla dea. L’aiuto le venne fornito dall’aquila di Giove. L’ultima prova imposta fu quella di portare dagli inferi un frammento della bellezza di Proserpina in un vasetto, seguendo la strada indicatagli dalla torre da cui la giovane voleva buttarsi. Durante questa prova aprì il vasetto, cosa che le era stata severamente proibita, e in un batter d’occhio fu avvolta da una nube di sonno e cadde in mezzo alla strada di ritorno verso il palazzo di Venere. Eros fuggì dalla cella in cui era stato rinchiuso dalla madre, si recò in aiuto di Psiche, la svegliò e la rimandò dalla madre con la scatola. A questo punto, Giove convocò l’assemblea generale degli dei, sotto richiesta di Eros, e unì in matrimonio i due ragazzi, rendendo Psiche immortale e Venere si convinse ad accettare la loro unione. Dalla loro unione nacque una figlia”.
Psyche è la più piccola di tre sorelle e la prima cosa che balza all’attenzione riguarda la numerologia in relazione al tre e al suo significato. Il tre, è un numero sacro in tutte le culture iniziatiche; è considerato un numero legato all’unione, all’unità degli opposti. In effetti, in esoterismo il numero due rappresenta la separativa caratteristica della dualità conosciuta: male e bene, luce e ombra, maschio e femmina e via dicendo. Il tre invece, è il primo numero legato all’armonia poiché permette di uscire dall’antagonismo duale. Il mio professore di latino si divertiva a mettermi in difficoltà coi suffissi e le desinenze. Infatti il termine comunemente usato per indicare una singola persona è individuo, dal latino indivisibile, cioè non divisibile. Ma se notiamo la composizione esatta della parola ci accorgiamo del paradosso di cui è costituita. Infatti è composta da in + due + diviso ovvero, diviso in due, a confermare che ogni essere singolo indivisibile, è in realtà diviso in due polarità nella sua essenza. Ma torniamo al numero tre. Il suo simbolo è rappresentato da un triangolo. Il tre in tutte le tradizioni religiose rappresenta una triade o trinità, formata da un arcano maschile, la sua controparte femminile e un figlio come risultanza. Tutte le tradizioni eccetto una, proprio quella cattolica che negando l’impulso femminile, traduce la propria triade con tre maschi, escludendo giustappunto la peculiarità femminile dalla spiritualità e sostituendola con una caratteristica del Padre. Questo evento è stato giudicato fin dai primi cristiani che dagli esoteristi successivamente, come un grave errore storico e spirituale.
Ma nel caso di questa favola raccontata da Apuleio, le tre caratteristiche dell’arcano impulso femminile si contraddistingue in tre volti e compiti differenti: Madre, Sorella e Sposa. Psiche rappresenta il passaggio dalla fanciullezza (sorella) alla conoscenza dell’amore. Dei tre aspetti ella racchiude il dono della bellezza e della gioventù che è sì foriero di errori dovuti all’età, ma anche capacità di rinnovamento e di trasformazione dei vecchi schemi. Infatti l’oracolo consultato dal padre che la voleva in sposa come le sue sorelle, nonostante l’apparente responso negativo, la instrada verso quello che oggi dal punto di vista iniziatico, è chiamato riconoscimento della vera unione del maschile e del femminile: la nascita del terzo aspetto, ovvero la strada iniziatica che non nega la vecchia tradizione, ma la rafforza e l’amplifica attraverso la nascita di quella che in esoterismo, riconosciuto da altre tradizioni come quella rosacruciana e massonica, è chiamata la terza colonna del tempio!
Venere, inizialmente adirata (come tutte le suocere… ), alla fine ballerà per Psiche producendo un canto meraviglioso solo per l’occasione. La dea dell’amore in questo contesto, rappresenta appunto l’antica tradizione che inizialmente non accetta il frutto del cambiamento. Eppure i suoi templi, ci racconta Apuleio con dovizia di particolari sono vuoti, desolati, i simboli coperti di polvere e non più attivi; i fuochi dei bracieri ormai spenti perché le persone sono attratte dalla bellezza di Psiche, che supera quella di Venere. Il nuovo ordinamento, il senso della bellezza proveniente dall’anima sostituisce i vecchi oracoli, le vecchie cerimonie che tanto hanno dato all’evoluzione dell’uomo, ma che non possono reggere il confronto con il nuovo che avanza e con la bellezza del respiro animico di Psiche. L’antica tradizione (Venere), ancora non sa che quella nuova ventata di spiritualità la salverà dall’oblio.
Psiche viene lasciata sola su una rupe vestita da sposa con paramenti lugubri in attesa del suo triste destino, ma Zefiro con una lieve brezza la trasporta nella reggia del dio Eros, fra giardini incantati, ancelle invisibili, grande opulenza e uno sposo che può incontrare solo di notte che la ama come nessun altro essere può fare. L’amato però, le impone un precetto. Non deve mai tentare di guardarlo in volto. Soffermiamoci su questo. Perché l’anima (Psiche) non può guardare l’Amore? Può percepirlo, amarlo, goderne la passione ma non può vederlo. Fin dall’antichità, nei circoli misterici, solo ad alcuni iniziati era consentito l’ingresso al sancta sanctorum e solo gli stessi adepti potevano posare lo sguardo su un edificio o su un oggetto appartenuto alla divinità. Ancora oggi in alcuni templi iniziatici non si può accedere se non attraverso prove che attestino la capacità di comprensione e il coraggio di saper guardare in faccia l’Amore in tutte le sue peculiarità. Traducendolo in termini moderni, possiamo affermare che l’Amore rappresentato da Eros, oggi non è che il senso del sacro che ogni individuo percepisce in se stesso, e si differenzia da uomo a uomo in relazione all’evoluzione spirituale che ha percorso. Quel senso del sacro che è stato vestito con immagini di divinità per intere ere, le quali hanno definito al nostro posto la qualità animica. Oggi il dio Amore, non è più paragonabile né sovrapponibile all’antica concezione mistica che ci ha reso divisi per secoli. Nell’era iniziatica moderna, Eros aggiunge a se stesso un attributo importante che si rende necessario ai fini dell’unità del discepolato iniziatico del mondo: la Volontà. I veri discepoli dell’esoterismo hanno fatto il passaggio da “uomini di buona volontà”, caratteristica richiesta nel passato, a “uomini con volontà di bene”. La tradizione Thelemita coniuga perfettamente questo passaggio con l’assioma: “L’amore è la legge. Amore sotto la Volontà”.
Psiche che scopre anzitempo il volto del dio, rappresenta appunto il neofita che trova la forza di bussare alla porta del tempio, la necessità da parte dell’impulso femminile di conoscere il sacro. Solo una femmina intesa come arcano, può avere questo coraggio. Un antico aforisma alchemico afferma: “… l’iniziazione perpetrata da una donna vale 7 volte quella di un uomo”. Ma questa azione di Psiche determina una reazione da parte del dio. Egli si allontana e da quel momento, iniziano le prove che la ragazza dovrà subire per riavvicinarsi all’amato. E’ come se dopo aver assaggiato l’esperienza del sacro, attraverso un’azione di coraggio o ad uno stato di grazia, questa conoscenza inducesse il candidato all’iniziazione a raggiungerla coscientemente, passo dopo passo cercando di comprenderne la reale natura. La famosa pietra di paragone, o pietra filosofale credo sia racchiusa in questa esperienza di Psiche.
Ma quali e quante sono le prove alle quali deve sottoporsi per poter accedere al tempio? E chi sarà l’iniziatore? Apuleio in questo passaggio della favola, ci fa ben comprendere in che modo la nuova iniziazione può scrivere nei cieli e superare gli ostacoli posti dall’antica tradizione. L’iniziatrice sarà proprio Venere, la rappresentante della vecchia scuola iniziatica che fungerà da guardiano della soglia del tempio. Queste prove sono tappe designate dall’Antica Sapienza legate ad un percorso interiore rimasto invariato dall’antico dei giorni: il superamento e la comprensione della forza dei 4 elementi, per poterne cogliere il quinto. Molto ci sarebbe da scrivere sulle quattro prove, ma in questo articolo per ragioni di spazio, darò soltanto alcuni spunti.
La prima prova (terra) consiste nel dividere i semi di diverse piante mescolati fra loro secondo la loro natura nello stesso giorno. Psiche disperata si rende conto che non potrebbe farcela, quando delle pazienti formiche la aiuteranno a superare la prima prova. Cosa possiamo cogliere da questo primo ostacolo? Intanto i semi rappresentano chiaramente l’elemento terra, ma a questo si può aggiungere un aforisma ermetico, poi ripreso dagli alchimisti del medioevo che diceva: “separa il denso dal sottile con somma cura”. La comprensione della separazione dalla materia del nostro sacro unita alla conoscenza di tutte le nostre corporeità. E’ il primo passo della lavorazione della pietra rettificata, della materia primordiale. Questo passaggio porta a ritrovare un primo flebile equilibrio armonico.
La seconda prova (aria) consiste nel recuperare dei fiocchi dal pelo del vello d’oro, animale simile ad ariete, con delle corna forti e lunghe e molto aggressivo. Il compito pare impossibile poiché Psiche non potrebbe avvicinarsi alla mandria di tali animali senza essere uccisa, ma l’universo le viene incontro ancora una volta. Dal letto di un fiume una canna le suggerisce di attendere il calare del sole. In quel momento la mandria di arieti disperderà nell’aria qualche ciuffo del loro manto dorato; questi si attaccheranno ai rovi ed ella potrà raccoglierli senza pericolo. Per comprendere al meglio questa prova dobbiamo risalire all’archetipo del segno zodiacale dell’ariete. E’ il primo segno zodiacale dell’anno, infatti per gli esoteristi l’inizio dell’anno iniziatico parte proprio dall’equinozio primaverile sotto il segno dell’ariete. Il suo simbolo incarna l’essenza della forza e dell’energia creatrice. Nell’iconografia egizia il dio del sole Ra viene rappresentato proprio con una testa di ariete. Dopo aver separato il denso dal sottile con la prima prova, Psiche attraverso la forza rigeneratrice dell’ariete pone le basi per sviluppare l’intelligenza e la saggezza del saper sfruttare le occasioni che l’universo le concede.
La terza prova (acqua) imposta da Venere pone fra le mani di Psiche un ampolla di cristallo che ella dovrà riempire presso il fiume Stige, uno dei cinque fiumi degli inferi. Posto sul monte più alto e con a guardia alcuni draghi, Psiche ancora una volta ritiene di non potercela fare. Ad aiutarla in questa occasione, sarà un’aquila che volando riuscirà a riempire l’ampolla di Venere. Qui il candidato si trova di fronte per la prima volta alla conoscenza della Grande Opera, il cui itinerario per dirla alchemicamente, consiste nella lavorazione e trasformazione della materia prima per giungere alla pietra filosofale. Qui scopre che per lavorare qualsiasi sostanza, ha bisogno di un contenitore, di un graal che possa racchiudere la sostanza da lavorare, il contenuto.
La quarta prova (fuoco). L’ultimo compito che viene imposto a Psiche è di gran lunga la missione più difficile: la discesa agli inferi! La richiesta di Venere è davvero impossibile. Una volta scesa dovrà procurarsi la boccetta della bellezza da Proserpina, sovrana dell’Averno e portarla a Venere. Psiche comprende dell’inattuabilità del compito e decide di uccidersi gettandosi da una torre. Ma la torre le indica l’ingresso del regno inferiore le fornisce le istruzioni per tornare indenne da quel luogo. Dopo che fu risalita ormai vittoriosa, Psiche cede alla tentazione di guardare il contenuto del vasetto di Proserpina. All’interno non c’è nulla e Psiche cade in un sonno profondo e mortale. La bellezza della regina dell’Ade all’interno della boccetta, è la conoscenza del mondo degli inferi, il cui cancello ogni candidato all’iniziazione prima o poi deve attraversare. Quindi ha fallito la prova? No, ora è pronta a ricevere l’Amore. Dal sonno alla veglia, dal buio alla luce, dalla morte alla vita. Ora è pronta per l’iniziazione. Eros si libera dalla sua prigione e corre a salvarla, chiedendo a Giove, padre degli dei, di renderla immortale. Venere (l’antica tradizione), acconsente al matrimonio e Psiche (l’anima), grazie a Eros (l’Amore), diviene immortale e può assidersi accanto agli altri dei, la Gerarchia dei Maestri.
Sorry, the comment form is closed at this time.